La canzone va vissuta attraverso la voce, attraverso il corpo e va toccata con mano.
E’ veramente convinto che la vita vada vissuta attimo per attimo, il cantautore toscano Stefano Mordenti, alle prese con Sanremo Rock. Ha iniziato a scrivere canzoni e a suonare la chitarra da quando era soltanto un ragazzino, e da allora non ha più smesso. Perché la musica non lo ha mai abbandonato. Ora Stefano è anche un marito amorevole e un padre felice, che trasmette anche in alcuni suoi brani tutta la bellezza di essere genitore.
Stefano, perché fare musica oggigiorno? Fare musica per esprimere un pensiero, per esternare uno stato d’animo, per raccontare la propria vita o la vita degli altri, per raccontare il mondo. Fare musica per innamorarsi, per far innamorare, per descrivere l’amore, per condividere la tua passione, per toccare le corde dell’anima. Fare musica per stare vicini a chi soffre, per farsi coraggio, per ballare, per gioire e per non sentirsi più soli.
E’ cambiato nel corso del tempo il tuo rapporto con essa sia in qualità di musicista sia di appassionato? Nella vita si cambia, si cresce e si osserva molti aspetti di essa con occhi diversi. Anche la musica cambia insieme a te. Se mi guardo indietro, vedo un musicista e un appassionato che nel tempo si è evoluto. D’altra parte io sono molto esigente con me stesso e credo che sia importante studiare per migliorarsi e aprire la propria mente ascoltando artisti e generi completamente diversi dai tuoi preferiti. Il mio amore verso la musica in questi anni è cresciuto sempre di più ed ho imparato ad apprezzare tutte le sue sfaccettature.
Quali sono i dischi che hanno segnato la tua vita e che ti hanno indotto in qualche maniera a diventare un musicista? Ne avrei molti di dischi da citare perché quelli che hanno segnato la mia vita per un motivo o per un altro sono tanti. Pensando ai primi dischi quelli dell’adolescenza che mi hanno avvicinato alla musica, me ne vengono in mente quattro: 17 Re dei Litfiba, il primo album di Ligabue, Nevermind dei Nirvana e X degli Inxs. Artisti che seguivo molto negli Anni ’90 e che, per motivi diversi, hanno fatto scoppiare la scintilla dell’artista che si nascondeva dentro di me.
Tu sei un cantautore. Credi che esserlo sia un punto di forza? Sì, lo è, perché essere cantautore ti permettere di creare completamente da zero una canzone ed è questo il punto di forza: poter costruire qualcosa di nuovo che nessuno ha mai sentito prima. Scrivo canzoni e poesie oramai da molti anni e da quando in età adolescenziale mi sono avvicinato alla chitarra, ho iniziato a comporre i miei brani e li ho visti crescere, li ho visti morire, li ho messi via per poi riprenderli e farli rinascere sotto una luce nuova. Penso che sia la cosa più bella avere la possibilità di fare musica originale e poter condividere con altre persone le proprie emozioni.
Quanto credi che sia difficile fare l’interprete? Spesso si da per scontato che un cantautore sappia interpretare al meglio la propria canzone, ma non è così semplice riuscirci. La canzone va vissuta attraverso la voce, attraverso il corpo e va toccata con mano. In una canzone della durata di poco più di tre minuti si può raccontare una vita intera. Saper interpretare una canzone è un aspetto fondamentale che va curato in ogni minimo dettaglio perché se un brano è mal interpretato (che non vuol dire cantato male), rischia di non arrivare alla gente.
Ma interpretare un pezzo, significa in qualche maniera recitare? Esatto, è proprio così. La canzone descrive uno stato d’animo, una situazione, un momento della vita che noi cantautori raccontiamo con la voce e con l’accompagnamento musicale e in quel momento sul palco è un po’ come se stessimo recitando una parte. La parte del cantautore assomiglia un po’ a quella del cantastorie che per farsi ascoltare, aveva bisogno di fare una grande interpretazione che non faceva rima con “improvvisazione”, ma con “studio”. Per diventare un grande interprete bisogna studiare.
Una curiosità: quale attore vorresti vedere nella vesta di cantante? Magari che interpretasse un tuo brano… In realtà sono due gli attori che purtroppo non ci sono più, che avrei scelto per interpretare un mio brano e si chiamano: Robin Williams e Bud Spencer. Due grandi attori, persone che a modo loro, hanno saputo trasmettere dolcezza. Chi lo sa, magari da lassù ci staranno ascoltando e staranno cantando A Piedi Nudi Corri, interpretandola con grande tenerezza e con un gran sorriso sulle labbra, pensando all’amore infinito che nutro nei confronti di mia figlia Stella, alla quale ho dedicato questa canzone. Il solo pensiero mi fa commuovere. Anche per questo la vita va vissuta, per l’emozione di un attimo.
Intervista a cura di Laura Gorini